domenica 12 dicembre 2010
Il dramma dei profughi eritrei sequestrati nel Sinai. La coscienza sporca dell'Occidente
Nel deserto del Sinai 250 profughi eritrei si trovano da mesi ostaggi di bande di predoni che chiedono 8000 dollari di riscatto per ciascuno di essi. Il governo egiziano, così solerte nel dare la caccia allo squalo che terrorizza i ricchi turisti di Sharm el Sheikh, non se ne occupa e la comunità internazionale appare muoversi con colpevole lentezza usando con molta parsimonia i deboli strumenti della diplomazia. Nel frattempo alcuni tra questi profughi sono stati uccisi, altri sarebbero stati venduti ad altre organizzazioni, probabilmente , dedite al traffico di organi.
L'Eritrea nella sua giovane esistenza di nazione indipendente ha conosciuto sopratutto guerre e regimi autocratici che reprimono i più elementari diritti della persona. Molti dei profughi sequestrati avrebbero diritto all'asilo politico; ma in Europa non ci sono mai arrivati anche a causa della politica repressiva anti immigrazione perseguita dagli Stati che si affacciano nel bacino del Mediterraneo. Nella loro vicenda si specchia la cattiva coscienza delle ricche democrazie occidentali che li considerano degli indesiderati. Forse è proprio per questo che si preferisce lasciarli in balia della sorte.
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