domenica 5 dicembre 2010
Ultimatum dei sequestratori nel Sinai "Pagate, altrimenti vi facciamo sparire"
Da più di un mese sotto sequestro un gruppo di persone, in prevalenza eritrei, in fuga dal loro paese e usciti nel luglio scorso dalle carceri libiche. Volevano andare in Israele, pagando 2000 dollari a testa, avendo dovuto rinunciare a far rotta su Lampedisa, per la politica dei respingimenti dell'Italia. I predoni, che li tengono incatenati e hanno ucciso giù sei di loro, pretendono altri 8000 dollari:
di CARLO CIAVONI
Ultimatum dei sequestratori nel Sinai "Pagate, altrimenti vi facciamo sparire"
ROMA - "O pagate entro oggi, o vi facciamo sparire". E' l'ultimatum dei sequestratori che tengono in ostaggio 80 persone da oltre un mese nel deserto del Sinai egiziano, comprese donne incinta e bambini, in prevalenza eritrei. Ed è quanto ha raccontato una donna al telefono, palando con padre Mussie Zerai, direttore dell'agenzia eritrea Habeshia. Le persone sequestrate, infatti, vengono messe in condizione di usare telefoni cellulari e satellitari per chiamare parenti e organizzazioni umanitaria, al solo scopo di chiedere i soldi - 8000 dollari a testa - per i loro carcerieri e trafficanti di esseri umani, e poter così continuare il loro viaggio verso Israele.
Un incubo da oltre un mese. Da più di trenta giorni è sotto sequestro questo un gruppo di circa 250 profughi eritrei, una ottantina dei quali partiti dalla Libia, dopo essere usciti, nel luglio scorso, da quegli autentici gironi infernali che sono le carceri di Gheddafi. In 80 hanno così deciso di cambiare rotta verso Israele, pagando 2000 dollari a testa, avendo dovuto rinunciare per la politica dei respingimenti dell'Italia a continuare a battere il tragitto che dalla Libia li avrebbe portarti verso la Sicilia e l'Europa. Arrivati in Egitto, nel Sinai, hanno trovato i predoni che ora li tengono incatenati, e che pretendono altri 8000 dollari ciascuno per ottenere la libertà.
Testimonianze drammatiche. Racconti di violenza subìta, da donne incinte o con bambini,
privati di cibo e acqua. Continuamente picchiati costretti a contattare i famigliari che vivono in Europa per chiedere soldi è pagare il riscatto per la loro libertà. Una delle donne sequestrate ha raccontato al telefono, messo a disposizione dai sequestratori per far chiedere denaro ai parenti degli ostaggi, di come sono trattati peggio di bestie, tenuti con le catene ai piedi. "Ci danno da mangiare una pagnotta e una scatoletta di sardine ogni tre giorni, non abbiamo acqua potabile ma siamo costretti a bere acqua salta, che sta causando molti disturbi intestinali. Abbiamo 9 persone ferite gravemente - prosegue la testionianza delle donna ascoltata da padre Mussie Zerai, direttore dell'agenzia eritrea Habeshia - ferite dalle percosse selvagge, bisognosi di cure urgenti, perché hanno testa fracassata, gli arti rotti".
Prosegue il racconto. "L'altro ieri sera hanno prelevato 4 di noi che non hanno nessun parente all'estero che può pagare il riscatto, gli hanno portati a prelevare un rene per venderlo e ricavare i soldi del riscatto. Ci sono stati anche delle persone marchiate con il fuoco - ha aggiunto la donna - per costringerle a chiamare i famigliari e chiedere di pagare il riscatto. Ci hanno dato un ultimatum per domenica (cioè oggi) dopo di che hanno detto che ci fanno sparire. Facciamo appello a tutta la comunità internazionale perché intervengano per salvarci dalle mani di questi Trafficanti, non c'è un minuto da perdere, stiamo male aiutateci".
L'appello del Papa. Nella sua omelia domenicale, Benedetto XVI ha ricordato la tragedia che stanno vivendo gli uomini e le donne (alcune delle quali in procinto di partorire) ostaggio dei trafficanti nel deserto del Sinai in territorio egiziano, ai confini di Israele. "In questo tempo di Avvento - ha detto il Papa - invito a pregare per tutte le situazioni di violenza, di intolleranza, di sofferenza che ci sono nel mondo, affinché la venuta di Gesù porti consolazione, riconciliazione e pace. Penso alle tante situazioni difficili - ha aggiunto il pontefice - come i continui attentati in Iraq contro cristiani e musulmani, agli scontri in Egitto in cui vi sono stati morti e feriti, alle vittime di trafficanti e di criminali, come il dramma degli ostaggi eritrei e di altre nazionalità, nel deserto del Sinai. Il rispetto dei diritti di tutti è il presupposto per la civile convivenza", ha concluso Ratzinger.
(05 dicembre 2010)
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