mercoledì 8 dicembre 2010
Profughi eritrei, si tratta con i beduini Ma i sequestrati in tutto sono più di 1.500
Secondo fonti egiziane i sequestrati, che provendono anche da Somalia, Etiopia, Nigeria, Sudan, sono spesso usati dai loro aguzzini per il traffico di organi umani. Ancora non ben localizzata la zona, sebbene le ricerche sembrano concentrarsi attorno alla località di El Hassnah, al centro del Sinai, ma anche a sud di Rafah, 10-25 chilometri dal confine con Israele. "Fate presto" è il grido dei rapiti
di CARLO CIAVONI
ROMA - Il quadro della tragedia che si sta consumando nel deserto del Sinai egiziano, ad una ventina di chilometri dal confine israeliano, si complica e assume forme agghiaccianti. Tanto per cominciare, il numero delle persone trattenute incatenate dai trafficanti sarebbero in tutto 1.500, suddivisi in vari gruppi - fra eritrei, somali, etiopi, sudanesi, nigeriani - e non solo 250, all'interno delle quali erano state individuate le 80 di cui si parla da giorni 1, 6 delle quali sono state ammazzate a revolverate e a bastonate davanti agli occhi di tutti. La situazione appare dunque ancora assai confusa, sebbene fonti della sicurezza egiziana avrebbero cominciato una sorta di negoziato con alcuni capi tribù beduini per arrivare alla liberazione di tutte queste persone, tra le quali - va ricordato - ci sono donne incinta e bambini, tenuti in ostaggio da più di un mese in condizioni bestiali e spesso sottoposte a percosse.
Sempre secondo fonti egiziane - che confermano così di non avere affatto il controllo di quel territorio - hanno anche precisato che i sequestrati sono spesso usati dai loro aguzzini per il traffico di organi umani e che il gruppo del quale fanno parte gli eritrei sarebbe in mano ad un solo trafficante in una zona non è ancora localizzata, sebbene le ricerche sembrano concentrarsi nella zona attorno alla località di El Hassnah, al centro del Sinai, ma anche a sud di Rafah,zone da 10 ai 25 chilometri dal confine con Israele.
"Fate presto, fate qualcosa, oggi hanno ricominciato a picchiarci, siamo pieni di lividi e qualcuno ha le piaghe per le percosse". Attraverso il telefono di padre Moses Zerai, direttore dell'agenzia Habeshia, arriva il grido solo degli 80 profughi eritrei, incatenati nel sederto dai predoni dal 20 novembre scorso. Hanno ripreso a picchiarli perché non ritengono più sufficienti i 500 dollari a ostaggio versati dalle famiglie domenica ed hanno alzato le pretese.
(08 dicembre 2010)
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