martedì 22 febbraio 2011
Comunicare con la Libia in queste ore sta diventando molto difficile ma grazie alle TV satellitari arabe si riesce a sapere quanto sta accadendo: rivolte di piazza, feriti, morti, scontri e in alcune immagini si sta vedendo ripetutamente anche un uomo scuro di pelle assalito dalla folla. Il giornalista commenta che l’uomo può essere uno dei mercenari africani reclutati dal regime per sparare sulla folla.
Ieri sera ho ricevuto una telefonata allarmata di un giornalista somalo che conosco da anni e grazie alle cui segnalazioni in passato tanti somali sono stati salvati in mare dalla Guardia Costiera. Mi ha detto che in giornata aveva ricevuto diverse chiamate di connazionali che si trovano a Tripoli i quali sono terrorizzati ad uscire di casa perché in città, oltre alla tensione generale si sta alimentando nei loro confronti anche molto risentimento che – a loro avviso – sta arrivando, in alcuni casi, ad una sorta di “caccia allo straniero africano”. Gli chiedevano quindi di lanciare l’allarme in quanto non avevano scorte per resistere a lungo e si sentivano a rischio.
Poche ore fa il signor Giacinto, italiano di origine eritrea, mi ha detto che la scorsa notte nella casa di suo fratello attualmente a Tripoli, un gruppo di libici ha fatto irruzione e lui, insieme agli altri eritrei con i quali condivide l’appartamento, è riuscito a scappare ma non sa a chi rivolgersi e dove trovare un rifugio.
Ma perché questo stato di pericolo per gli stranieri africani in Libia? Sembrerebbe che questo si debba a due motivazioni diverse e contrapposte. La prima è appunto l’accusa lanciata dagli oppositori nei confronti del regime che avrebbe reclutato mercenari africani per sparare sulla folla. L’altra invece è stata avanzata dal figlio del colonnello Gheddafi in Tv che ha accusato forze straniere di fomentare la rivolta.
Dunque, la crisi nella crisi. Uuna situazione preoccupante per le migliaia di rifugiati e richiedenti asilo somali, eritrei, sudanesi che si trovano nel paese e rischiano di diventare un facile capro espiatorio su cui sfogare rabbia e frustrazione. E che rischiano di essere ancora una volta dimenticati.
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