martedì 9 novembre 2010
Brescia e gli immigrati: vietato protestare sotto la gru
Il blitz, come sempre, è scattato all’alba: nel mirino alcune decine di cittadini, italiani e stranieri (tra cui un cronista di Radio Onda d’Urto) che presidiavano in un cantiere bresciano la base della gru su cui sono arrampicati dal 30 ottobre sei immigrati, i quali rivendicano il rilascio del permesso di soggiorno.
Così ieri mattina le istituzioni hanno tramutato in fatto di ordine pubblico la protesta di alcuni cittadini stranieri saliti fino a 35 metri di altezza per cercare di spostare l’attenzione sul loro dramma quotidiano, sul diritto ad un’esistenza dignitosa.
Poco più di venti persone sono state condotte in questura in seguito alle scaramucce con le forze dell’ordine in concomitanza con l’intervento di sgombero. Tre di loro sarebbero agli arresti. Dal canto loro, i sei immigrati hanno assistito alla scena dall’alto, correndo avanti e dietro lungo il braccio meccanico e urlando slogan.
La questura ha ricostruito, piuttosto curiosamente, i motivi che hanno portato all’atto di forza: “Nelle prime ore del mattino è stato condotta un’operazione finalizzata alla messa in sicurezza del cantiere della metropolitana di Piazzale Cesare Battisti. Lo scopo – si legge ancora in una nota – è stato garantire le condizioni di sicurezza degli stessi manifestanti, liberando da eventuali curiosi o assembramenti di persone il piazzale sottostante la gru, in modo che nessuno possa accedere al cantiere se non autorizzato e mettere in pericolo la sicurezza propria o altrui”.
Si sarebbe dunque trattato di uno sgombero in qualche modo solidale con le ragioni della protesta degli immigrati, per quanto anch’essi abbiamo temuto di essere a loro volta presi di mira al punto da aver deciso, ieri pomeriggio, di iniziare uno sciopero della fame. “A tutela degli stessi 6 manifestanti posizionati sulla gru – recita eppure la nota della polizia bresciana – è stato espressamente chiarito loro che l’operazione non era in alcun modo finalizzata a farli scendere con l’uso della forza, bensì a garantire che altri non accedano alla struttura recando pregiudizio alla propria e loro incolumità”.
Ancora più curiosamente, per usare un eufemismo, la presa di posizione del Partito Democratico – per bocca di Emanuele Fiano, responsabile sicurezza, e Livia Turco, responsabile politiche sociali e immigrazione – è apparsa in sintonia con la nota diffusa dalla questura cittadina: “Riguardo a quanto sta accadendo a Brescia, con sei immigrati che sono da diversi giorni su una gru a 40 metri di altezza, il primo e più importante valore da salvaguardare è quello della loro incolumità. La tensione che sale di ora in ora – hanno proseguito – ci dice che è necessario agire subito affinchè non accada nulla di irreparabile”.
I due parlamentari piddini hanno inoltre auspicato interventi da parte della prefettura di Brescia e del ministero dell’interno a garanzia di una trasparente valutazione delle situazioni personali dei sei immigrati, che dovranno essere “esaminate caso per caso e, laddove sussistano situazioni di un loro diritto che non sia stato rispettato, occorre che questo venga difeso”. Senonchè a tutela dell’incolumità dei migranti la polizia ha proprio giustificato lo sgombero, dunque non è chiaro come si possa, su questa base, “riaprire un dialogo” come chiesto dai dirigenti Democratici.
Più polemici i Radicali: “L’irragionevolezza ha prevalso – hanno osservato i parlamentari Rita Bernardini e Marco Perduca – da stamattina (ieri, ndr) a Brescia si è deciso di risolvere con la forza l’occupazione che dura da 9 giorni di una gru da parte di migranti frodati dalla cosiddetta sanatoria colf-badanti. La situazione è estremamente tesa e noi radicali che abbiamo seguito quest’iniziativa sin dall’inizio avevamo detto che l’unica soluzione doveva essere il dialogo con questi migranti esasperati dall’insipienza della legge di regolarizzazione di una sola categoria di lavoratori e chiedevamo se, infine, il ministro Maroni non ritenesse fosse arrivato il momento di ridiscutere le diverse posizioni dei migranti di Brescia, per giungere a un accordo rispettoso dei diritti umani”.
Non si può portare all’esasperazione “persone che hanno scelto una forma nonviolenta di azione per i propri diritti – hanno aggiunto i Radicali – e naturalmente pur comprendendo la disperazione dei migranti sulla gru li invitiamo a continuare a resistere in modo non violento senza compiere gesti irreparabili”.
D’altra parte, è difficile pensare a degenerazioni violente, a meno che non subentri la disperazione nei sei migranti protagonisti della clamorosa protesta. C’è Sajad, pachistano, laureato con un master in lingue; Papa, disoccupato senegalese di 20 anni, da 5 Brescia con i genitori; Singh, indiano di 26 anni con vari lavori saltuari alle spalle dal 2004; Rachid, 35 anni, marocchino costretto a lasciare la scuola dopo la prima media e a trovarsi più d un lavoro per contribuire a mantenere una famiglia numerosa; Sajad, pachistano della zona di Guajarat, 27 anni, laureato con un master in lingue, lontano dalla famiglia da 3 anni; Arun, altro pachistano, 24 anni, anch’egli del Gujarat, con un titolo di studio equivalente alla terza media, e che sopravvive distribuendo volantini in nero; infine Jimi, 25 anni, da cinque in Italia, prima metalmeccanico in una piccola azienda bresciana e da agosto rimasto disoccupato.
Insomma, i risvolti sindacali non mancano di certo in questa drammatica vicenda e li ha sottolineati Nicola Nicolosi, segretario confederale Cgil e coordinatore dell’Area programmatica ‘Lavoro società’: “Lo sgombero è un atto gravissimo – ha sostenuto Nicolosi – e segna nel modo peggiore tutta la distanza tra le istituzioni e i più deboli, costretti a ricorrere a proteste eclatanti per affermare il primato dei diritti, ad iniziare dal diritto al lavoro e alle tutele minime. La Cgil – ha proseguito il sindacalista – si sente vicina al dramma dei lavoratori migranti, è impegnata da anni in una dura battaglia per il pieno riconoscimento delle garanzie sociali a loro dovute, contro la perdurante e insopportabile ipocrisia di parte del mondo imprenditoriale e della classe politica”.
I lavoratori migranti pagano le tasse, creano ricchezza “e anche quando sono indotti a permanere in una condizione di clandestinità – ha aggiunto Nicolosi con riferimento alla protesta di lavoratori ‘clandestini’ – vengono sfruttati due volte: da chi affitta loro gli alloggi e da chi li ricatta attraverso il lavoro nero. E nonostante ciò, i cosiddetti ‘irregolari’ devono persino sopravvivere scappando, per evitare provvedimenti di espulsione. Per mille motivi, insomma, decidere di affrontare con metodi polizieschi i problemi vissuti dai lavoratori immigrati è incivile oltrechè profondamente sbagliato. Ecco perchè l’area programmatica ‘Lavoro Società’ della Cgil, oltre a denunciare quanto di grave sta accadendo – ha concluso Nicolosi – chiede a gran voce che prevalgano immediatamente ragionevolezza e buon senso”.
Paolo Repetto
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