lunedì 1 febbraio 2010

Soldi ai parenti e persino ai vicini di casa

FLAVIA AMABILE ROMA E’ una legge non scritta di chi affronta un viaggio per andare a cercare lavoro fuori: una parte del guadagno va divisa con chi è rimasto a casa. «E ne vediamo tanti che mandano tutto quello che possono», racconta Mustafa Jmaali, funzionario del dipartimento immigrazione della Cgil di Milano. Mandano soldi ai genitori ma anche a sorelle, fratelli, cugini, persino ai vicini di casa, in una catena di solidarietà che dovrebbe essere naturale ma che può anche avere dell’incredibile. Perché non è poi così scontato che Fatima mandi ogni mese cento euro alla sorella e al cognato. Fatima vive da molti anni in Italia, ha due figli e non è così facile mandare avanti una famiglia a Milano. Il marito lavora, anche lei guadagna qualcosa come colf, hanno un permesso di soggiorno ma la crisi si fa sentire per tutti. Accadde due anni fa: «Mi chiamò mia sorella rimasta in Marocco. Abita ancora nel nostro paese d’origine non lontano da Rabat. Piangeva, il marito era responsabile in un’azienda tessile ma un incidente con un macchinario gli aveva maciullato un piede», racconta Fatima. Impossibile mantenere il posto di lavoro, in teoria l’uomo poteva sperare di aver diritto al risarcimento di un'assicurazione o a portare la vicenda in tribunale. Il proprietario dell’azienda invece aveva preferito risparmiare su alcune voci, e l’assicurazione era una di queste. Nessuna copertura. Per di più l’uomo non se la sentiva di denunciare il suo datore di lavoro. E, quindi, raccontava la sorella a Fatima, ora erano senza un soldo, con tre figli piccoli, la più grande aveva nove anni, e un invalido da curare. Fatima iniziò così a mettere da parte cento euro ogni mese, e ogni mese a mandarli alla sorella. Cento euro equivalgono a circa 1100 dirham, non è una fortuna, ma nemmeno una somma da disprezzare. E’ pari quasi a un salario minimo, ci si può comprare da mangiare, e almeno la sopravvivenza è garantita. L’obbligo morale non c’entra molto con Irina, invece. Origini ucraine, e un figlio rimasto nel suo Paese perché le radiazioni cancerogene emesse dopo lo scoppio della centrale di Chernobyl hanno colpito anche lui come migliaia di altri. Quando Irina ha scoperto la malattia del figlio ha fatto le valigie ed è venuta in Italia. «Non avevo un altro modo per guadagnare abbastanza, dovevo pagare le lunghe e costose terapie necessarie per mio figlio», racconta Irina. Il piccolo è rimasto in Ucraina, e a poco a poco è diventato grande. Fra qualche mese avrà diciotto anni. La madre non ha mai smesso di mandargli a casa il necessario per mantenerlo ma non ha mai smesso di sperare di poterlo portare con sé per farlo vedere da medici che ritiene più preparati. Manca poco ormai. E’ rientrata nell’ultimo decreto flussi, ottenendo il permesso di soggiorno. Da questo momento ottenere il nulla osta per il ricongiungimento familiare con una vicenda come la sua dovrebbe essere piuttosto semplice. Mary è arrivata a Roma trent’anni fa. Abitava a Manila, ha i capelli lisci e scuri delle donne filippine ma, al contrario di tante altre sue connazionali emigrate, ha avuto una fortuna: non si è spinta fino in Italia lasciando in patria marito e figli ma una madre molto malata. «Trovare un’occupazione come colf non è stato un problema ma i primi anni sono stati difficili, vivevo in una casa dove lavoravo dalla mattina fino alla sera tardi, senza interruzione. Però andavo a casa una volta l’anno per un mese, portando con me un bel pacco di soldi, anche più di un milione di vecchie lire», racconta Mary. Poi la madre è morta. Mary avrebbe potuto tornare a Manila ma i fratelli erano senza lavoro e lei ha capito che il suo aiuto poteva ancora servire. E’ la legge non scritta, valida per gli emigrati di tutto il mondo. E, quindi, un anno dopo l’altro i soldi continuavano ad arrivare ai suoi fratelli. A volte, per risparmiare, non tornava nemmeno a casa: il mese di vacanza lo trascorreva a Roma e i soldi del biglietto aereo andavano a rendere anche più corposa la somma mandata. Dopo cinque-sei anni i fratelli sono riusciti ad aprire un negozio di alimentari. Nel frattempo il padre era morto, altri fratelli non ce n’erano. A quel punto Mary poteva considerarsi libera di rientrare e concedersi una vita meno massacrante. Ha scelto di rimanere in Italia. La famiglia dove viveva da ormai venti anni è diventata un’altra sua famiglia e ai fratelli ancora un po’ di aiuto in fondo non dispiace. Le leggi non scritte vanno rispettate fino in fondo.

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