domenica 17 maggio 2009
La guerra dichiarata al nemico migrante
di EUGENIO SCALFARI
Il tema dei migranti domina su tutti gli altri l'attenzione degli italiani e delle istituzioni che li rappresentano. Se ne occupa il Parlamento, ne legifera il governo con decreti e voti di fiducia, ne discutono le forze politiche e i "media". La Chiesa si è mobilitata in forze e il presidente della Repubblica è anche lui intervenuto per condannare tentazioni di xenofobia e una retorica che si fa un vanto di chiudere la porta in faccia ad un popolo di disperati che dall'Africa e dall'Oriente tenta di raggiungere l'Europa, il continente del benessere e della gioia (così lo vedono), dei lustrini e della vita facile. Insomma Bengodi.
Questo tema infiamma la campagna elettorale in corso ancor più (ed è tutto dire) del conflitto che oppone Berlusconi a sua moglie e che al di là degli aspetti privati mette in causa la credibilità del presidente del Consiglio e la sua reticenza di fronte a questioni delicatissime e tuttora rimaste senza risposta.
La discussione sui barconi affollati di poveretti "senza arte né parte" secondo la definizione elegante del presidente del Consiglio, investe i problemi della sicurezza, del lavoro, della guerra tra poveri, della criminalità organizzata, ma anche l'etica, la solidarietà, la lotta contro le discriminazioni. Insomma un viluppo di problemi che non è semplice districare ma che incide direttamente sulla sensibilità e sulle legittime paure degli italiani, una volta tanto definibili come indigeni di fronte all'ondata di stranieri che si riversa sui nostri confini marittimi e terrestri.
In questo clima, il governo risponde brutalmente alle critiche dell'Onu, e il ministro La Russa arriva a definire l'Unhcr un'organizzazione "disumana e criminale". D'altronde la Lega e la destra hanno fatto di questo tema il cavallo di battaglia della campagna elettorale di un anno fa, hanno scommesso sulla paura e l'hanno enfatizzata come più potevano. Dovevano dunque pagare il debito contratto con i loro elettori alla vigilia di un altro appuntamento con le urne. Di qui il "respingimento" dei barconi in alto mare, che ha tutte le caratteristiche di uno spot pubblicitario accolto con soddisfazione da una vasta platea di italiani intimoriti e incattiviti dall'arrivo dei barbari, invasori delle nostre terre e della nostra tranquillità.
C'è un punto di equilibrio tra queste due opposte rappresentazioni della realtà? C'è una soluzione che salvaguardi valori e interessi che sembrano inconciliabili?
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Se trionfasse la ragionevolezza sull'emotività non sarebbe difficile trovare quel punto di equilibrio, ma sono molti gli ostacoli che vi si frappongono.
Il primo ostacolo sta nell'interesse politico della Lega e del partito che si è dato il nome (quanto mai incongruo) di Popolo della libertà. Questo interesse mira a mantenere alto il livello di emotività di un'ampia parte del paese e se possibile ad alzarlo sempre di più. Bisogna distrarre l'opinione pubblica da altri temi incombenti e non favorevoli al governo: la crisi economica, la distruzione crescente di posti di lavoro, la perdita di competitività del sistema-Italia, il terremoto d'Abruzzo e i disagi che ne derivano e che sono ancora lontani dall'essere soddisfatti, la cicatrice tutt'altro che rimarginata della credibilità pubblico-privata del premier.
Bisogna trovare un nemico esterno sul quale concentrare la rabbia della gente ed eccolo pronto, quel nemico: è il popolo dei barconi. Le guerre servono a indicare un bersaglio infiammando l'opinione pubblica patriottarda e questa è una guerra. A questo serve il "respingimento", a questo servono le ronde, a questo serve aver istituito il nuovo reato di immigrazione clandestina.
In realtà il 90 per cento del popolo dei migranti entra in Italia e in Europa dai confini dell'Est europeo, l'immigrazione dal mare non supera un decimo dei flussi d'ingresso, ma respingere i barconi con la marina da guerra è molto più teatrale, fa scena, slega gli istinti xenofobi di chi assiste allo spettacolo dal proprio tinello guardando la televisione.
Si dice: quella gente "senza arte né parte" è ingaggiata dalla mafia, trasportata dalla mafia, e da essa controllata; viene da noi per delinquere, ricondurli da dove sono partiti è dunque un nostro diritto, anzi un dovere verso noi stessi e verso la Comunità europea. Ma manca la prova che i migranti dei barconi siano collusi con la mafia. Vengono dai luoghi più disparati, dal Sudan, dall'Eritrea, dall'Etiopia, dalla Nigeria, dal Maghreb, dall'Africa equatoriale. Hanno attraversato boscaglie, foreste, deserti. Inseguono un sogno e affrontano la morte e le sevizie per mesi e mesi. Collusi con la mafia? Trasportati dalla mafia degli scafisti, questo sì. E poi carne da macello di tutte le violenze. E per finire anche con la nostra.
Non è respingendo i barconi che la nostra sicurezza migliorerà. Non è con le ronde. Non è con la vessazione e con le denuncie.
Bossi ha detto: io parlo con la gente e la gente vuole questo. è vero, Bossi parla con la gente e trova consensi. Ma si vorrebbe sapere qual è la gente con la quale parla il leader della Lega.
Certo, l'emotività contro il nemico migrante si estende. è un buon segno? Non direi. è un "trend" verso il peggio. I leader politici che avessero il senso della responsabilità dovrebbero scoraggiarlo. Se invece ne godono, se si fregano le mani e alzano le dita a V come simbolo di vittoria e come fa il nostro ministro dell'Interno compiono un pessimo servizio verso l'interesse nazionale. Giorgio Napolitano, quando manifesta preoccupazione per la retorica sull'immigrazione parla proprio di questa irresponsabilità. Sarà un caso, ma il Capo dello Stato riscuote fra l'80 e il 90 per cento di consenso nazionale. Con chi parlano Bossi, Maroni, Calderoli?
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Quel "trend" irresponsabile e così irresponsabilmente alimentato lambisce anche persone insospettabili. Mi hanno molto stupito e preoccupato alcune recenti dichiarazioni del sindaco di Torino, uno dei leader del Partito democratico. Ha detto che respingere i barconi non viola il diritto internazionale ed ha ragione. Ha aggiunto che il "respingimento" è autorizzato dall'Unione europea e fu adottato nel 1997 da Prodi e D'Alema per bloccare il flusso migratorio dall'Albania. Ha ragione anche su questo punto ma con una piccola differenza: in Albania c'erano anche la polizia e i militari italiani, i centri di raccolta erano sotto il nostro costante controllo e non sono paragonabili con quanto accade nell'inferno dei centri di raccolta libici.
Ma c'è un punto che più mi incuriosisce nelle parole di Chiamparino. Il sindaco di Torino propone di concentrare gli sbarchi verso due porti da indicare dell'Italia meridionale. Sbarchi settimanali, autorizzati a trasportare i migranti regolari o regolarizzabili. Che cosa significa regolari o regolarizzabili? Vuole dire quelli chiamati da un datore di lavoro italiano? Quelli non hanno bisogno di imbarcarsi sui barconi degli scafisti, possono prendere navi di linea e arrivare dove vogliono. Di chi sta parando Chiamparino? Qualche spiegazione sarebbe necessaria. Chi è chiamato non è clandestino. Chi è clandestino non è regolarizzabile e viene respinto in alto mare. Esiste una terza categoria "chiampariniana"? Ed anche "maroniana" e persino "berlusconiana" che noi non conosciamo? è una nostra lacuna informativa. Allora per favore colmatela.
Ho letto che Maroni sta per riproporre il tema delle badanti. Pare ci siano molte badanti clandestine. La polizia le scoverà e saranno rapidamente rimpatriate.
Chiamparino è d'accordo? Spiegatevi perché le vostre parole e le vostre proposte sono molto confuse.
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Da qualche giorno i giornali fanno anche il nome di Piero Fassino tra coloro che dissentirebbero dal segretario del Pd sul tema dell'immigrazione. Fassino è persona che dice sì oppure no con grande chiarezza; non ha in mente altro che l'interesse pubblico e non quelli di partito e di bassa politica. Perciò gli ho chiesto direttamente quale sia la sua posizione in proposito.
Mi ha detto: 1) il "respingimento" è consentito dall'Unione europea. 2) Fu sperimentato con successo per stroncare il traffico di persone in provenienza dall'Albania. 3) L'Albania era sotto controllo della Nato e in particolare dell'Italia. 4) La situazione con la Libia è completamente diversa. 5) I centri di raccolta libici dovrebbero esser messi sotto controllo internazionale; riportare il popolo dei barconi in quei centri significa riconsegnarli ad un sistema di vessazioni crudeli. 6) Il governo italiano dovrebbe chiedere a quello libico un diritto di ispezione dei centri e condizionare a quel diritto l'erogazione delle risorse finanziarie che l'Italia ha promesso alla Libia.
Infine Fassino ha aperto un altro capitolo che a me pare di grande importanza: qual è la politica del governo italiano verso gli immigrati regolari che da anni vivono e lavorano nel nostro paese? è una politica di accoglienza e di integrazione o invece è il suo contrario?
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Quella politica in realtà è un altro ostacolo enorme che si frappone al raggiungimento d'un equilibrio sull'intera questione dell'immigrazione e della sicurezza.
Gli immigrati regolari sono oggi 4 milioni di persone ai quali vanno aggiunti i cittadini europei provenienti dall'Est (romeni, polacchi, ungheresi eccetera).
Le previsioni sui flussi e sulla demografia ci dicono che tra dieci anni gli immigrati "regolari" saranno il 10 per cento dei residenti in Italia. Nel 2020 saranno il 15. Più o meno in tutta Europa sarà quello (e anche più) il livello degli immigrati e figli di immigrati. L'Italia, come già la Francia e la Gran Bretagna, sarà un paese multietnico, multiculturale, multireligioso. Non è un'opinione, è un fatto ed esiste già ora.
Ha ragione Fassino di porre il problema: qual è la nostra politica per gestire questo fenomeno? Del resto anche Fini la pensa allo stesso modo e pone le stesse domande.
Il premier ha già risposto: l'Italia non è un paese multietnico, il governo non vuole che lo diventi e non lo diventerà. Infatti le leggi in corso di approvazione ed il modo con le quali sono già preventivamente fin da ora gestite va nella direzione voluta da Berlusconi, Maroni e naturalmente Bossi.
Il risultato sarà questo: l'estensione della cittadinanza sarà sempre più lenta e contrastata; l'accoglienza istituzionale incerta e insoddisfacente; i rapporti tra le comunità di immigrati e i cittadini italiani saranno di diffidenza e non di integrazione, specie nelle zone di più intensa presenza cioè nel centro nord, la parte più ricca e produttiva del paese.
Questa situazione è quanto di peggio ci si prepara.
Non serve a nulla inseguire su questo terreno leghisti e berluscones. A questa deriva bisogna opporsi, tutelando la sicurezza, non soffiando sulla paura, denunciando il mancato rispetto dei diritti civili nei paesi di provenienza a cominciare dalla Libia. Infine coinvolgendo l'Unione europea in una politica europea dell'immigrazione. Si può fare, però sembra un sogno ad occhi aperti.
(17 maggio 2009)
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